Ore dodici. Terza giornata di Altaroma. Caldo gestibile, poco rovente.
Per me, Soocha, con la collezione Spring Summer 2018, sarebbe stato l’ultimo spettacolo “fashion” di questa edizione 2017.
In fila per la sala 2, con l’aria bacchettina, tra me e me pensavo, a quanti si erano presi la briga di leggere il comunicato stampa. E capire quindi, le origini della parola Soocha, visto che tante voci intorno, giocherellavano ironicamente con il nome del brand.

Questo bizzarro appellativo infatti, oltre a far sorridere gli italiani presenti, quel sabato modaiolo, è una specie di crasi, tra SooJung e Cha, nome e cognome del direttore creativo:
una dolcissima designer coreana, che dopo una lunga esperienza nel settore tessile, arriva in Italia “con una sola valigia, grande come il sogno che conteneva”. Da lì poi, gli studi allo IED, il primo lavoro da Ruffo, da Costume National, Dirk Bikkenbergs, e infine Giuliano Fujiwara.
Fu in quel periodo, che SooJung impara l’arte per metterla da parte, come si suol dire. Per concentrarsi successivamente, nel suo, di brand. E con il quale, poco più tardi, arriva anche tra i finalisti del concorso Who Is On the Next?2008.
Ad Altaroma, portavoce di un estroso senso di rispetto, nei confronti del pianeta, ha rielaborato appositamente il monito, e in pochissimi minuti, al Guido Reni District, ha dunque presentato la collezione “Caution Soocha Area!!”. Profondendo candidamente quel messaggio ambientalista, nel nostro tempo, sempre più prezioso.
Vedere il greenery, utilizzato con quell’obiettivo. Quell’invito a collaborare, per rispettare il pianeta, e recuperare il legame con la natura, (proprio come io ho stessa, snocciolando la scelta di pantone, avevo analizzato) è stato come una fredda schioppettata.
Musica classica, forte e struggente, ha fatto da sottofondo, ai 22 modelli che calcando la passerella, hanno raccontato la pesante riflessione.
Uno stato di fervida attesa, allarmante, esploso alla fine nel pungente rock elettronico di “These boots are made for walkin” versione dei Planet Funk.
E allora, scritte forti e simboli, come avvertimenti “ DANGER – RADIATION”, “CAUTION”, con maxi patch, applicate su tessuti da camicia, riadattati seguendo l’abile gioco del patchwork.
E poi lunghi abiti tunica, chemisier trasparenti indossati, lasciando trapelare la scritta “GODZILLA” essenza stessa della paura umana, messa di fronte al progresso tecnologico, e alla cultura pop.
Ho visto una palette cromatica che – con gli azzurri classici delle righe, il greenery, e il bianco – confermava la leggerezza, e la consapevolezza del messaggio, tanto ricercata dalla designer.
Ho percepito come da un lato, ha fatto da sfondo all’utilizzo studiato, dell’arancio saturo delle scritte. E mi sono sentita piena di speranza scrutando poi, il felice epilogo nascosto nel finto pizzo floreale: un senso di rinascita come quello che si porta dietro la primavera. Ma che, in questo caso, ne ha mostrato la dissacrante evoluzione.
Inserti cut-out per abiti e pantaloni, forme over, completi divisa, hanno contornato una femminilità quasi androgina, minimal e contemporanea. Carica della responsabilità del messaggio da trasmettere.
E così alla fine dello show, sono andata nel backstage. Ho stretto la mano a SooJung Cha, che vestita di nero, era in un angolino, pronta a sentire le prime impressioni.
Lei, timidamente mi ha chiesto, se la collezione mi fosse piaciuta.
Ed io, le ho detto grazie.
Grazie per aver trasmesso, con aria pungente e sopraffina, uno dei temi più importanti del nostro momento.



PH. S. Dragone | Luca Sorrentino (fonte: altaroma.it)