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Di kimono pregiati e poesie sulla pelle: “I racconti del cuscino” di Rossano Giuppa

I fogli cadono e nessuno li raccoglie. Alle spalle fumé del Pantheon, ballerini volteggiano lievi come foglie d’autunno, fino a toccare in un pezzettino di Roma segreta, il caldo parquet della boutique di Alessandra Giannetti

I fogli sono pagine di un diario intimo. Frammenti lontani, riprodotti e strappati a una collezione di 317 racconti, redatti dalla scrittrice e poetessa giapponese Sei Shonagon, nell’anno 1001. 

A lasciarli cadere, dal suo metro e ottanta di altezza e dalla vetrina dello store – in Piazza Capranica 94 -, è Giulia Gallo, modella e attrice, protagonista con Massimo Bracciolino de I racconti del cuscino, l’inedita performance venuta fuori dalla cinepresa tormentosa di Giuppa. Un’intrigante pièce in prosa, che vestita di kimono pregiati, è andata in scena lo scorso venerdì 22 novembre, in simultanea alla presentazione di Signature II, la linea A/I 20 della nota designer romana.

“In realtà questa volta le mie ossessioni sono legate a Peter Greenaway, il regista con cui sono cresciuto – racconta Rossano rifugiandosi un attimo nella sua perniciosa la la land -, ho scoperto il romanzo soltanto dopo aver visto il film, I racconti del cuscino, che grazie all’ossessione della modella Nagiko, mi ha collegato subito all’idea della scrittura, e alla letteratura della Shonagon. ”

Illustre autrice del periodo Heian – epoca d’oro della poesia classica giapponese compresa tra il XIII e il XII secolo -, Sei Shonagon nasce intorno al 966, da una famiglia aristocratica legata alla corte imperiale di Heyankyo. Non ancora trentenne, nel 993 fa il suo ingresso a palazzo. Lì vi rimarrà fino al 1001, dove nel ruolo di cortigiana dell’imperatrice Teishi (Sadako), sfrutterà luoghi e frequentazioni, traendo spesso ispirazione per i suoi manoscritti. In Note del Guanciale, l’unica opera pervenutaci, la Shonagon annota impressioni e turbamenti, cose piacevoli e spiacevoli, pensieri su luoghi, persone, amori appassionati. Memorabilia di 317 capitoli per raccontare la storia di una ragazza che riceve piacere solo se i suoi amanti scrivono sul suo corpo. 

The Pillow Book, Peter Greenaway, 1995

Una raccolta in stile zuihitsu che mille anni dopo ispira The Pillow Book, il film diretto nel 1995 da Peter Greenaway. Drammatica, erotica e letteraria, la pellicola è  il collante visivo temporale tra Nagiko, modella giapponese degli anni 90 e la storia della Shonagon. 

Nagiko, figlia di un calligrafo con la passione della scrittura sul corpo, a diciotto anni è vittima di un matrimonio combinato. Da sempre ossessionata dai racconti della poetessa, un giorno fugge via lasciando il marito. Va a vivere a Hong Kong, dove inizia a lavorare come modella. Lì, In preda a un’appassionata ricerca del piacere, inizia a convincere i suoi amanti a scrivere sul suo corpo. Una sera incontra Jerome, giovane traduttore inglese (interpretato da Ewan Mcgregor) che la convince a scrivere su di lui, e la esorta ad usare d’ora in poi, gli altri come carta. Nagiko s’innamora di Jerome, ma la linea erotica-letteraria del film, ad un tratto diventa più flebile, subito dopo la morte del giovane; caricandosi di pathos infiamma l’animo della modella, barcamenandola in un implacabile desiderio di vendetta.

Jerome (Ewan Mcgregor) e Nagiko, The Pillow Book, 1995

Una storia suggerita a Greenaway dalla lettura del libro, una storia suggerita all’intrepido Rossano, dalla visione del film. Transizioni surreali che fanno arrivare hic et nunc quei frammenti lontani, e dopo The Pillow Book catturano immancabilmente l’interesse di Giuppa: “La mia mente girava intorno a quest’idea del corpo che diventa tela bianca, e poi le incursioni che nel film, sfiorano la storia e la vita della poetessa; così nella performance ho deciso di concentrarmi su Nagiko, e sul suo rapporto d’amore che alla fine diventa tragico, e su questa felicità che all’improvviso si trasforma in dolore.” 

Solite ossessioni dunque che per l’estroso regista, diventano rappresentazione di moda e letteratura giapponese. Una pièce in prosa concentrata in poco meno di 15 minuti, che dal suo spazio ospitale – la vetrina dello store di Alessandra Giannetti – lo scorso 22 novembre, una sera in cui anche il sereno si alternava alle piogge, ha mostrato al suo pubblico en plein air, l’incontrollabile meccanismo della felicità che si alterna al dolore, la serenità al turbamento, le cose piacevoli alle cose spiacevoli.

A dare il via alla perfomance, la sussurrata The sound of silence, nella versione suspense dei Chromatics, e poi Wispers in the hall, Move a mountain, Touch red; veloce selezione di Giuppa pescata dall’ultimo album del gruppo – Closer to Grey – pronta a mescolare e ritmare le altalene dell’animo, con incursioni melodiche contemporanee.

Giulia Gallo interpreta Nagiko, I racconti del cuscino
Giulia Gallo e Massimo Bracciolino, I racconti del cuscino

Sullo sfondo, un video suggestivo proiettato in loop fa da spartiacque: da un lato Signature II, la linea A/I 20 dall’impronta metropolitana, con i ricami floreale rubati a un kimono antico; dall’altro la collezione privata della designer: una selezione di pezzi antichissimi tra kimono pregiati e accessori – recuperati negli anni da un’antiquaria giapponese-, usati per vestire di storia e tramando la boutique, insieme ai corpi di Giulia Gallo e Massimo Bracciolino, entrambi analisi e istantanea dei sentimenti rappresentati.

Massimo Bracciolino (Jerome), ombra di quella tela bianca, è oggetto che sublima il passaggio tra serenità e turbamento, gioia e dolore. Giulia Gallo, intriga e respinge, tra melanconia ed entusiasmo dà voce a una Nagiko criptica e imperiosa. Come trigger che creano inneschi mentali, le sue dita affusolate sfogliano le pagine del diario, premono contro il vetro, fanno volteggiare Jerome, dipingono con l’inchiostro ideogrammi sul suo corpo, e infine lasciano cadere alcuni fogli, ma solo dopo aver strappato da essi tutti i sentimenti. 

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