“Sono andata in Romania per una sfilata, e così ho deciso di fermarmi due giorni in più. Ho noleggiato una macchina e ho viaggiato da sola. Ho visitato tanti posti, paesi, castelli e poi all’improvviso ho trovato un mercatino nascosto in mezzo al bosco. Camminando poi, ho notato che esposti tra le bancarelle, c’erano dei vestiti tradizionali. Ne ho visto uno che mi piaceva un sacco, l’ho comprato e una volta tornata a casa l’ho guardato bene e mi son detta: da qui posso partire per fare la collezione”. Impavida, giovane, fresca nonostante la stanchezza accumulata per arrivare in tempo al suo esordio, Martina Cella stringe forte a sé il piumino arancio brillante che la avvolge come uno scialle, e inizia a raccontarmi di eventi e scoperte. Gli stessi che alla fine diventano tasselli silenziosi di Surv-Live, la linea Fall/Winter 19-20, presentata lo scorso 24 gennaio dalle passerelle del PratiBus District ad AltaRoma.

Martinacella, scritto tutto d’un soffio invece, è il suo omonimo brand, nato nel 2015, dopo gli studi all’Istituto Marangoni di Milano e una vita trascorsa a Tolmezzo, piccola città in provincia di Udine dove nasce nel 92, e dove la giovane designer cresce, disegnando modelli su fogli bianchi e recuperando con ago e filo, scampoli di tessuto sparsi in giro per la casa.

È alta, un viso acqua e sapone, e parla sicura, davanti al suo stand, proprio il giorno dopo l’emozionante presentazione. Un piccolo spirito libero lei, che non vuole sentir parlare di ispirazioni o di tendenze omologanti. E io, dopo aver letto il comunicato e aver visto Surv-Live in passerella, decido di intervistarla con calma, proprio allo Showcase, la super vetrina di AltaRoma, evitando così la calca del backstage. Perché di tutto questo mondo active che ora vediamo dominare la scena, lei se ne frega e prende la parte che le piace di più, d’istinto e senza fare troppi ragionamenti.
“Ogni collezione è un piacevole ripartire da zero. Mi lascio influenzare dalle cose nuove, e vorrei riuscire ad acchiappare tutto ciò che io stessa prima visualizzo. Il mio obiettivo è entrare in un mondo nuovo ogni volta, e immergerci anche le persone”.

Martina racconta e si guarda dietro, quasi prendendo forza e parole da quei suoi capi così eclettici e allo stesso tempo misurati. Ora stanno lì, fermi e pieni di carattere, proprio dietro di lei, ma il giorno prima dalla Sala 2 prendevano vita. Eccome se lo facevano.
Complice anche la musica, un mix di tracce dance elettroniche con suoni della natura da Valentin Stip con Nwia ad Aeon di Bruce, passando per Djrum con Showreel pt3 e culminando infine con la nerboruta Work It di Marie Davidson.

Una selezione calibrata a supporto di una linea di 26 modelli dove Surv-Live simboleggia unione e divisione allo stesso tempo, “vivere e non sopravvivere, per questo ho messo il trattino: combattere con le difficoltà per riuscire alla fine a tirare fuori il meglio di sé” spiega bene Martina, sorridendo e disegnando a mezz’aria con le dita la striscia del trattino.
La collezione viaggia tra due stili distinti e riconoscibili: l’active e il folk. Perché la designer immagina due donne che combattono, e poi si uniscono per combinare qualcosa di forte, solo che una viene dalla città, indossa i tailleur ed è dinamica, l’altra invece è più tradizionale, popolare e viene dalla campagna. Una divisione, segnata da quel trattino che alle volte rimane precisa, e riprodotta anche nelle silhouette.

Così un piglio spiccatamente contemporaneo arriva a sfiorare la linearità classica urbana: giacche strutturate, abiti smoking, camicie maschili in simil jersey spalmato. Un insieme di materiali tecnici e blocchi di colore che oltre a ricordare gli anni 90 e la giacca da sci del suo papà, si mescolano a un mondo nomade, fatto di animalier, frange penzolanti e scialli da zingara intorno al collo, elementi che vestono di contemplazione quell’anima gipsy tanto cara alla giovane.

Un debutto in punta di piedi, attento, che però non ce la fa a stare zitto in un angolo. Proprio come lei, che dà sempre uno sguardo alle tendenze senza farsi influenzare. Ama la freschezza che puntualmente ritrova in una palette di colori vivida e satura. Mal sopporta la parola eleganza, usata forse troppo spesso e per alzare il tiro alla qualunque. E poi è nostalgica, ma di una nostalgia che sa di restauro, basti pensare al lavoro fatto su un’idea popolare e folkloristica: lo scialle che segue il suo estro e diventa un piumino imbottito da adagiare con nonchalance sulle spalle; le gonne fatte a pannelli riprese dai costumi tradizionali rumeni, pescati per caso in quel mercatino nascosto in mezzo al bosco.
È l’esordio del brand Martinacella. Forse è un po’ prematuro schierarsi così. Ma in un momento in cui, per la moda regna imperituro il trend dello sportwear, con tutta l’eleganza che se ne vorrebbe tirar fuori, insieme alla giustificata libertà di inserire il tecnico nel quotidiano, anche se di palestra non si vuol sentir parlare, lei non ama ragionare troppo, ma rimane sul pezzo, segue il suo istinto, le sue nostalgie. Perché Martina è una millennials che cerca armonia tra gli elementi e le cose, soprattutto se fanno a cazzotti. Una combinazione nostalgica e contemporanea, che alla fine cattura e riesce a immergerti fino al collo, nel suo mondo denso di personalità.
Photo Credit: AltaRoma