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Per Marco Rambaldi “Vogliamo Anche Le Rose” | AltaRoma Gennaio 2018

27 gennaio, terzo giorno di AltaRoma.

Marco Rambaldi con “Vogliamo Anche Le Rose” alle ore 11.00 iniziava la categoria fashion hub del calendario. Ed io, con i soliti minuti d’anticipo, e in mente l’allegria dei cuori arcobaleno, ero già in fila per la Sala 2.

Avevo letto e sottolineato di schemi, il comunicato stampa che, per le parole promesse, oltre ai cuori colorati, logo del brand, in quel sabato mattina, quasi cadeva aplomb con il mood tipico del fine settimana: la voglia di leggerezza.

 

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Stato d’animo più consapevole d’impegno per il giovane Rambaldi, che tornando a Roma, dopo la partecipazione a Who Is On Next?2017 lo scorso luglio, con questa linea F/W 18-19, celebrava la donna.

E in risposta alle pesanti lotte femminili degli anni ’70 per la conquista dei diritti, usava anche l’ironia. Con la liberazione sessuale, recitata, cantata, ostentata attraverso una collezione prima di tutto impegnata, dove malgrado il lato visivo ludico e colorato, prevaleva sempre il senso di rispetto, per ciò che diverso non deve essere più, da allora e fino ai giorni nostri.

Un inno moderno, post-femminista che riprendendo dal passato, ho sentito subito celebrare contestuale al cenno intermittente di luci. Proprio quando, seduta sul mio numeretto, prima di vedere le modelle in passerella, per qualche minuto, ho riconosciuto la voce di Monica Vitti, roca e tormentata rivolgersi al dottore, perchè incapace di compiere una scelta d’amore. Poche parole rubate al film “Dramma della gelosia” dall’epilogo dirompente che, lasciando il dubbio all’attrice sul fatto di essere un pò “mignotta”, hanno subito investito la sala, trasmettendo il mood con sano e ridente sarcasmo.

Un brusio di risate rotto all’instante da un rif di chitarra elettrica, e poi da “Fatelo con me” di Anna Oxa, soundtrack pop/punk di fine anni ’70, che ha aperto ufficialmente le danze alla collezione.

E poi Mina con “Mi mandi rose” e anche la celeberrima “Alexander Platz”.

Così, in meno di dieci travolgenti minuti “Vogliamo Anche Le Rose” di Marco Rambaldi e i suoi 29 modelli, su modelle che modelle non erano, ha narrato l’orgoglio e la libertà di essere donna. Dopo le lacrime, drammi, lotte, conquiste, rispetto, fiori. Essere donna prima di tutto, per intero, per metà, fuori, dentro, con tutti i pregi e difetti, a qualsiasi età.

Celebrazione di quel decennio, tradotto in un mix and match dinamico di abiti, tessuti e colori. Dove lo stile Seventy del velluto a coste si alternava alla femminilità ostentata dei mini dress arricciati sul davanti, e delle gonne a vita alta, cortissime con delicati orli in crochet.

 

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Una falcata lenta e sinuosa con stivali dal tacco basso, e un lieve sorriso a mezza bocca, trasmettevano la sensibilità e l’impegno del designer, dietro l’immagine fiera di Valeriè Taccarelli, musa indiscussa della collezione. E anche dietro il cappotto lungo dal taglio sartoriale con inserti animalier che, insieme all’allegro jacquard dei cuori arcobaleno, dettagliavano la duplice anima della linea: ludica e forte, impegnata e leggera.

 

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E poi ancora, stampe tie-dye ipercolorate, e patchwork di vecchie copertine sbiadite, mixate a frammenti di foto, creavano un divertente gioco di colore e contrasti sul gessato di gonne asimmetriche, pantaloni morbidi e capispalla over.

 

 

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Una linea pensata per donne fiere, coraggiose, consapevoli del passato e orgogliose di quella leggerezza conquistata. Dove ogni volta ritrovavo i messaggi di Rambaldi, con il lettering colorato tra consigli spensierati:

  • “Come Out” urlato dai grandi caratteri su una maxi sciarpa bicolor,
  • “Abbi cura di te” irregolare quasi rotante psichedelico con i volti delle dive dell’epoca,
  • “Aduts Only” provocatorio e di nuovo urlato.

 

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Ed io, ho cercato invano di trattenere l’emozione, di fronte una collezione /inno che sembrava una tavolozza, con la quale dipingere un momento, il suo, quello di Marco, che poi diventava mio, nostro.

E non importavano le lacrime, le battaglie, la difficoltà nelle conquiste, il rispetto che ancora oggi, spesso manca. E quei fiori che forse non arriveranno mai.

Rambaldi ha celebrato quel decennio con gioia, per dieci minuti, cancellando i drammi, ed io ho riso, ho pianto e poi non ho capito niente, perchè mi sono sentita improvvisamente prendere, e buttare a calci in quel suo mondo forte e colorato.

 

PH. S. Dragone | Luca Sorrentino (fonte: altaroma.it)

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