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Babyghost: il brand dall’estetica dark pop

DUE MONDI OPPOSTI: CINA E AMERICA, SHANGHAI E NEW YORK. UN LUNGO VOLO CHE TAGLIA QUASI A METÀ LA TERRA. A COLMARE LE DISTANZE È BABYGHOST, BRAND DI MODA CON SEDE NEL LOWER EAST SIDE A MANHATTAN, E L’ANIMO DA GLOBETROTTER SOSPESO TRA ORIENTE E OCCIDENTE. 

Perché Babyghost è bicontinental. Una dualità frutto di un potente mix culturale, proveniente dalle origini della sua coppia creativa: Josh Hupper americano, e Qiaoran Huang cinese, due giovani designer che dopo gli studi alla Parsons, e uno stage da Diane Von Furstenberg – sotto la direzione di Nathan Jenden – nel 2010 decidono finalmente di mettersi in gioco, a capofitto in un progetto ex novo e del tutto personale. 

Josh Hupper e Qiaoran Huang

Un esordio digital-oriented. Idea di Qiaoran che, prima di trasferirsi a New York, durante gli studi in Cina, si accorge subito del potere del web, e dell’aumento degli acquisti in rete, quando nei corridori dello studentato della Donghua University, nota il continuo andirivieni dei corrieri, con sottobraccio pacchi in consegna ordinati dalle sue colleghe. 

Così, partendo da capi e accessori acquistabili direttamente online, oggi Babyghost è una realtà in crescendo, e da nove anni, dopo un boom in Cina, per fortuna non si ferma. Il brand dipinge uno streetwear urbano, dove la femminilità è affascinante, fresca, leggera, e lontano dall’essere troppo ostentata o girly, alternando pop e gotico, ben si destreggia in un’altalena di moda, che quasi sempre appare volutamente offuscata da qualcosa di sinistro.

Complici le giovani menti alla direzione creativa, alimentate da continui viaggi intorno al mondo, e un numero indecifrato di serie tv, film e documentari, con cui passare il tempo libero in aereo; non tralasciando ovviamente, i lunghi e conseguenziali soggiorni in hotel di un certo tipo. Tutta roba che ispira il loro estro, e nelle collezioni, partendo da atmosfere dark, segue un percorso che agisce catarticamente. 

Spring 2015 Babyghost

Anche quando la presentazione – fuori passerella – è un semplice sfondo paradisiaco simile a un cielo terso: la prima linea in calendario (Spring 2015) per la New York Fashion Week, ispirata a True Detective la serie della HBO. Dove stampe floreali, pizzo nero e piccoli pois, si mescolano al macabro, insieme a teschi di animali cornuti, e righe spettrali che diventano tweed, in un percorso dai toni scuri che improvvisamente sfocia nel bianco più puro. 

A seguire, il film Shining (Fall 2015), e come uno dei tanti alberghi che li hanno ospitati, l’Overlook Hotel, un edificio in stile georgiano, dal quale i designer prendono diversi spunti: tessuti da tappezzerie, arazzi, chiavi delle porte, pomelli, in un gioco di volumi, la collezione passa da sovrapposizioni di abiti over in pizzo fioccato e taffetà, a pezzi mini dal twist urban sport e l’aria quasi civettuola. 

E poi ancora, vecchi filmati, poesie sulla morte anni 40, opere letterarie, fino a pescare input per poi modellarli, anche dal mondo dello sport, le collezioni targate Babyghost diventano materia foggiata da viaggi esperienziali. Come una moodboard, che nella sua apparente confusione, ha ben chiara una direzione, il brand riesce a far convivere in armonia ispirazioni precise, stili, tempi e animi diversi, e la collaborazione della modella Xiao Wen Ju, amica e splendida musa dai tratti orientali sempre pronta a spillare freschezza dai look, fa la differenza. 

Un tocco dinamico, alle volte gentile, alle volte audace, ove però, tutto è spesso raccontato con l’obiettivo di nascondere l’infausto, dietro un dolce e allegro bagliore pop: come l’omaggio a Halston – dal documentario Ultrasuede: in search of Halston – una linea sofisticata e minimale (Spring 2016) con tessuti pregiati, e inserti lamé a illuminare di glamour l’accezione positiva di Death, poesia di Clarence E. Flynn stampata su pizzo e trasparenze; oppure l’urbanwear che ispirandosi ai Giochi Olimpici diventa ancestrale (Spring 2018), con volumi oversize e ipnotici giochi di chiaro scuro, e la colonna corinzia dipinta a mano, possente ed elegante su seta morbida e pregiato chiffon.

Tessuti di altissima qualità, seguono così le ambizioni del duo creativo, e si mescolano con disinvoltura a quelli più cheap, creando qualcosa di unico, dove minuzie elaborate a mano, sistematicamente alzano il tiro a pezzi accessibili: da maxi hoodie (90$) foderate con seta stampata, alle gonne longuette in denim scuro (99$), passando per shirt dress a manica lunga con il motivo dei cinque anelli olimpici dipinti a mano (85$).

Collezione dopo collezione, dietro l’originario approccio digital-oriented, e avvalendosi anche dell’abilissimo uso dei social media, Babyghost è tra i primi ad abbracciare il trend del see now buy now (Fall 2017), offrendo la conseguente possibilità di acquistare a distanza di un batter d’occhio, capi e accessori freschi freschi di presentazione, catturando così l’attenzione dei millennial più esigenti e fashionisti.

Questo spiega anche la stagionalità calzante delle collezioni , presentate senza seguire la classica calendarizzazione della moda, e la linea Spring 2019 (anziché Fall 2019) è una chiara dimostrazione.

Un orientamento azzardato per un messaggio di moda assolutamente non convenzionale, spesso giocato a suon di asimmetrie e destrutturazioni bizzarre. Anche quando, dietro l’incontrollabile libertà di ispirarsi a opere letterarie del primo Novecento – come The Secret Garden di F.H. Burnett – per la PE 2019 racconta di femminilità e mistero, e all’improvviso tutto diventa romantico, poi gotico, poi punk. Perché il brand cinese-americano ha una firma dinamica, internazionale, pop, e anche se non ama stare troppo dietro ai trend, sotto un’aureola di malcelato mistero, ornata di fiori colorati e stondate spine, oggi è pronto a spiccare il volo e straripare oltre i suoi stessi confini.

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