Mentre parla e con fare turbinoso si spiega, indossa la sua maschera gioiello. Poi la toglie e prende uno scorpione gigante. <<Il mio obiettivo era di partire da un pezzo unico, con questo però ho leggermente esagerato>>, ironizza ribaltando più volte l’inquietante oggetto tra le mani.
L’animale, tempestato da pietre e chissà quanti Swarovski, oltre a essere il suo segno zodiacale, è il prototipo della linea. La stessa che a sua volta comprende degli orecchini e superbi pezzi d’arredo.
L’aracnide, infatti, poggiato su un comodino o appeso come una lampada, prenderebbe vita ma solo per illuminare lo spazio intorno, perché Vittorio Ceccoli designer di gioielli, ha ben pensato di corredare la pancia della bestiola, con una serie di luci a led.

Origini bolognesi, classe 1976 e statura medio alta. Complessivamente un’immagine minimal e nera, che come un’ombra fumosa veste la sua anima dark. Di primo acchito Ceccoli sembra un pozzo senza fondo, ma se poi chiedi, come gli vengono queste idee, dice che non lo sa neppure lui.
Lo incontro durante la presentazione della sua ultima linea, o meglio le sue ultime linee: Miniman e Munk. Dietro il suo eponimo brand, le creazioni non hanno un leitmotiv preciso, a parte un’aureola gotica forte, anzi fortissima che il designer spesso plasma seguendo il suo folle estro, e qualche volta inconsapevolmente, sperimentando una serie di martellate sull’ottone.
<<La verità è che mi sono sentito un gran creativo fin da piccolo. All’inizio ho studiato all’Istituto d’Arte di Bologna. Poi ho lavorato 12 anni per un’azienda di moda, la Fusion… facevano borse per Valentino, mentre io seguivo la parte accessoristica. Lì ho imparato l’utilizzo del cannello, l’attrezzo che si usa per fare le saldature. Sei anni fa però ho lasciato tutto, e finalmente mi sono messo in proprio>>.
Vittorio Ceccoli punteggia la cadenza bolognese con risate brevi e incontrollate, poi all’improvviso diventa serio, maneggiando la sua arte, e dettagliando quel florido passato trascorso così in fretta. Esperienze professionali importanti, che hanno regalato al designer altrettante soddisfazioni: sfilate, presentazioni inedite e tante collaborazioni, come quelle con i Maneskin, la rock band arrivata al successo dopo l’undicesima edizione di Xfactor.

Si chiama Metal Lizards, ad esempio, il girocollo che nel 2017 riempie il giovane busto di Ethan Torchio batterista del gruppo. Un sinuoso bacio tra due grosse lucertole perlate di ottone, con una doppia fila di aculei e due cristalli al posto degli occhi. Accessorio che a pensarci bene sarebbe perfetto anche al collo dell’eterea Daenerys, la Madre dei Draghi di Game Of Thrones.
Complice un’aria fiabesca e medievale. Ma solo in quel caso, perché le opere di Vittorio Ceccoli, come dicevo, a parte l’aureola gotica non hanno uno stile preciso, e in fase di progettazione non seguono il modus operandi tradizionale, come rivela lo stesso designer, nessun oggetto parte dal classico bozzetto su carta. <<Non so se è un pregio o un difetto, ma io non disegno mai nulla. Cioè io sono capace a disegnare, ma non perdo tempo in quello… Se sono ispirato parto direttamente con il primo pezzo, poi lo rivedo dopo per correggere qualche difetto>>.

La stessa cosa succede con la museruola, parte del gioiello facciale che il designer inizia a tagliare a mano, con una forbice da ferro e partendo da una semplice lastrina di ottone. Tutto il resto poi lo fa il calco del suo volto, e un’incontrollabile creatività, inesauribile fiamma alimentata dalla sua smodata passione per l’artigianato.
Passione che puntualmente colora di energia le giornate del creativo. Anche le più grigie <<perché nella vita capita spesso di essere tristi, ma poi creo e torna luce>> afferma leggero. Momenti in cui il malinconico retro pensiero, ombra costante del suo operato, a colpi di martello, tagli di forbici e minuziosi dettagli in pietre, si traveste di materia scintillante.
Un mondo che toglie le briglie al processo creativo, e nonostante le sue linee sfiorino spesso il barocco, il punk, il romantico, sotto quella malinconica aureola gotica, puntualmente si vede la mano del vasaio. La sua.

Sull’espositore, infatti, oltre una rigogliosa corona barocca – la Lady Macbeth Crown – che ricorda la stessa indossata da Freddie Mercury, e la linea Leaves che in reticoli di pietre e foglie, con spericolatezza salta da romantici cappelli a falda larga a deliziosi berretti da baseball, campeggiano ovviamente le due nuove collezioni: Miniman e Munk <<le più divertenti ed economiche>> tiene a precisare Ceccoli. I Miniman, bimbetti o piccoli uomini, sembrano scheletri ma non lo sono. Paion usciti da La Sposa Cadavere di Tim Burton, ma in realtà le creature vengono fuori solo da un suo periodo particolare.


Esserini velatamente tristi, che vanno in altalena, si aggrappano a una stella, oppure semplicemente salgono le scale. Una parata di ottone, trattato con dei bagni galvanici per rivestirlo di oro, argento, palladio o canna di fucile, e per finire tanti Swarovski. Questo il dietro le quinte macchinoso dell’ultima collezione del creativo. <<Poi c’è quello lì, che vuole star seduto su Saturno, l’ho fatto in un periodo particolarmente triste… allora mi sentivo molto io>> sorride Ceccoli indicando il simpatico oggetto, e togliendo un certo peso alle parole e a quel vecchio stato d’animo travestito da musa.

Lo stesso che serpeggia con i Munk. Maschere, bracciali, orecchini, segnalibro e una lampada da parete, alta un metro a forma di cilindro. Una linea composta da faccine in serie che angosciate fanno boccacce, tutte letteralmente martellate a mano, dal marciapiede del suo laboratorio, in quel di Bologna.
E c’è chi guardandole ha visto le catacombe di Parigi, chi l’Olocausto, chi ancora Tim Burton con Nightmare Before Christmas <<per me loro sono semplicemente i Munk, ma scritto con la K>> puntualizza Ceccoli. Un’idea venuta all’improvviso perché semplicemente un giorno con un punzone ha dato due martellate all’ottone.
Posso chiederle che cosa le era successo? <<Che ne so!(ride)Forse volevo vedere la resistenza… boh>>. (ride ancora)
